Futuro San Siro, si ferma tutto ancora una volta

L’immobilismo ha ripreso il sopravvento. Dopo settimane di riunioni, documenti scambiati e comunicati prudenti, l’aria che si respira attorno al futuro di San Siro è di nuovo stagnante. L’entusiasmo acceso dalla possibile rinascita dello stadio ha lasciato spazio a un silenzio denso di ostacoli, cavilli e sospetti. Il tavolo tra il Comune di Milano e i due club cittadini si è trasformato in un confronto rigido, dove le posizioni faticano ad avvicinarsi.

Il nodo principale riguarda le garanzie che Palazzo Marino pretende per cedere l’area. Il Comune ha chiesto che le società veicolo non includano soltanto i fondi RedBird e Oaktree, ma anche le società Milan e Inter. L’obiettivo è chiaro: evitare che, una volta ottenuta l’area, gli investitori possano abbandonare il progetto lasciando il quartiere in uno stato di sospensione. In aggiunta, si vuole bloccare la possibilità di rivendere i diritti edificatori prima della definizione del piano attuativo. Non basta. Il Comune insiste su una clausola che vieti la cessione dell’area a terzi per un periodo stabilito e vuole anche una garanzia di esclusività: al momento della firma, dovranno decadere i progetti alternativi su San Donato e Rozzano.

Le due società non mollano. Restano fiduciose di poter chiudere questa fase negoziale entro fine luglio, data indicata dal Comune come termine per la cessione dell’impianto e delle aree adiacenti. Il tempo stringe. Intanto, cresce il fronte di chi chiede di bloccare la demolizione del secondo anello. Tra i firmatari dell’ultima protesta anche Edoardo Bennato, che nel 1980 fu il primo artista italiano a riempire San Siro: il vincolo, sostengono, dovrebbe scattare ben prima del 10 novembre, a tutela di una struttura che per molti resta un simbolo intoccabile.